E’ un futuro previdenziale da incubo quello che ha tratteggiato il presidente dell’Inps, Pasquale Tridico, nel rapporto annuale dell’Istituto presentato all’inizio di luglio a Roma.
Facendo due conti possiamo dedurre che in prospettiva la pensione pubblica sarà pari circa al 50% del reddito medio della vita lavorativa. Nell’intero rapporto quello che sorprende non sono tuttavia tanto le cifre delle prospettive previdenziali, ma è soprattutto una filosofia di giudizio che sembra riservare solo al sistema statale la possibilità di garantire un futuro dignitoso ai lavoratori. Troppo tardi l'Italia si è mossa facendo troppo poco per incentivare il sistema poggiato sui famosi 3 pilastri. A fianco della previdenza pubblica, infatti, a cui spetta il compito di garantire una rendita proporzionata ai contribuiti versati e comunque non inferiore al minimo vitale, vi dovrebbero essere un secondo pilastro costituito dalla previdenza complementare e professionale, e un terzo alimentato dal risparmio privato. Solo nel 1993, infatti, l’Italia ha varato la legge che ha istituito e regolamentato i fondi pensione, garantendo pur limitate agevolazioni fiscali e permettendo ai singoli lavoratori di utilizzare nei fondi le quote che venivano accantonate dalle aziende per il Tfr (Trattamento di fine rapporto). Dopo trent’anni sono quasi 9 milioni i lavoratori che hanno progressivamente aderito ai fondi pensione. Pochi, in pratica solo un terzo di quanti in teoria avrebbero potuto aderire. Un risultato sostanzialmente modesto che è anche un segno della mancanza di quella educazione finanziaria di base che dovrebbe motivare le scelte di risparmio gestito di lungo periodo. Nel concreto dovrebbe apparire del tutto naturale che la pensione pubblica copra “solo” tra i 50 e il 60% del reddito medio della vita lavorativa. La pensione complementare dovrebbe aggiungere un 25-30%. Se a queste quote aggiungiamo un 10-15% derivante dal risparmio privato (anche grazie ai piani di accumulo delle principali istituzioni finanziarie), abbiamo che negli anni della pensione il lavoratore può mantenere lo stesso livello e la stessa qualità di vita degli anni lavorativi. Il pensiero più diffuso invece è che la pensione pubblica dovrebbe dare una garanzia pressoché totale. Non è e non sarà così. A meno di trasformare l’Inps in un grande ente di assistenza avviando lo Stato verso la bancarotta: perché sarà impossibile finanziare a lungo con il debito una spesa corrente, peraltro crescente, come quella pensionistica. 🤔RIFLETTETE🤔
0 Comments
Leave a Reply. |
AutoreAndrea Fumasi Archivio
Ottobre 2024
Usate le categorie qui sotto per navigare tutti i post in maniera ragionata
Tutti
Questo sito web utilizza tecnologie di marketing e di monitoraggio. La disattivazione comporta la disabilitazione di tutti i cookie, ad eccezione di quelli necessari per il funzionamento del sito web. Considera che alcuni prodotti potrebbero non funzionare altrettanto bene senza i cookie di monitoraggio. Rifiuto dei cookie |
OrariLunedi - Venerdi : 09.00 - 18.30
|
Telefono338 230 5825
|
|